Quando si parla dell’endometriosi, si inquadra una patologia ginecologica molto diffusa. A decorso benigno, si contraddistingue per un quadro clinico dominato dall’impianto di cellule endometriali al di fuori della cavità uterina.
Dismenorrea, termine tecnico per indicare le mestruazioni dolorose, dolore durante i rapporti e alle ovaie – se vuoi approfondire la situazione data l’importanza del loro ruolo, scopri di più sulle cause e i sintomi dei dolori alle ovaie sul sito VediamociChiara – senza dimenticare i dolore pelvici cronici: ecco i principali sintomi dell’endometriosi.
Questa patologia è al centro dell’attenzione medica per diversi motivi. Uno dei più importanti è legato alla sua centralità nei quadri di infertilità femminile. Sono diverse le problematiche connesse all’endometriosi. Oltre all’aspetto appena menzionato, un doveroso cenno va dedicato al dolore durante il flusso mestruale e al dolore pelvico cronico, evenienze che stanno portando le istituzioni, in Italia e non solo, a discutere del congedo mestruale.
Una problematica di indubbia rilevanza riguarda i tempi della diagnosi, che viene spesso concretizzata molti anni dopo il palesarsi dei primi sintomi. A volte, si parla di quasi dieci.
A questo punto, è naturale chiedersi quali siano gli step che portano a formularla. Scopriamoli assieme nelle prossime righe dell’articolo!
Come si arriva alla diagnosi di endometriosi: tutti gli step
La diagnosi di endometriosi è un percorso che prevede diversi step. Si parte con la visita dal ginecologo. Un consiglio: è bene farla subito. Sintomi come i dolori durante i rapporti o il flusso mestruale così difficile da sopportare da non riuscire a fare altro se non stare a letto non sono situazioni normali e vanno attenzionate da uno specialista.
Quest’ultimo, oltre a effettuare la visita ed esami come l’ecografia, si basa molto sull’anamnesi. Ecco perché è il caso di non trascurare nulla della propria storia medica dal punto di vista ginecologico e cercare di ricordare anche come era la situazione nei primi anni dopo il menarca.
Un suggerimento che è bene tenere in considerazione prevede il fatto di iniziare, circa una settimana prima della visita, ad annotare nella maniera più precisa possibile la localizzazione e l’intensità della sintomatologia dolorosa.
Durante la prima visita e in quelle successive, è cruciale la fase dell’ispezione vaginale e rettale. Può essere un po’ fastidiosa, su quello non ci sono dubbi, ma è importantissima. Grazie ad essa, infatti, il medico ha modo di capire se sono o meno presenti residui di endometrio nella zona più bassa della pelvi.
Dopo le prime fasi, arriva quella degli esami del sangue. Quali sono i valori da tenere sotto controllo? Tra i più importanti rientra il dosaggio del Ca-125. Si tratta di un marker tumorale. Fondamentale, però, è ricordare che, in quadri di endometriosi, è possibile evidenziare un suo aumento non correlato a neoplasie.
A seconda della situazione, il ginecologo può decidere se prescrivere o meno la risonanza magnetica. Con i risultati degli esami in mano, si prenota una nuova visita. In questa sede, il ginecologo, quasi sempre, ha in mano gli strumenti per formulare la diagnosi di endometriosi.
Trattamento
Cosa prevede il trattamento dell’endometriosi? La risposta dipende dal grado della patologia. Nei frangenti in cui, per esempio, la donna lamenta forti dolori durante i giorni del flusso mestruale, si opta per una terapia farmacologica.
In queste circostanze, non si parla di terapie che risolvono il problema a monte, ma di farmaci che permettono di tenere sotto controllo il dolore, sintomo che, come già accennato, può rivelarsi estremamente invalidante. Tra i farmaci prescritti con maggior frequenza in caso di terapia anti endometriosi, troviamo i progestinici e la pillola anticoncezionale, medicinali che hanno il vantaggio di poter essere utilizzati per lungo tempo.
In quadri di grado severo, si ricorre alla chirurgia, che prevede il ricorso a tecniche mini invasive come l’endoscopia.